1. Ho visto sangue nelle urine: cosa devo fare?
La presenza di sangue nelle urine si definisce ematuria e deve sempre essere valutata con grande attenzione, in particolare modo quando il/la paziente vede proprio con i suoi occhi le urine rosse o rosate (macroematuria). Al contrario le urine possono avere un colore sempre normale ma l'esame delle urine può identificare tracce di sangue (microematuria). Bisogna sempre rivolgersi al medico in presenza di ematuria. Le cause più' frequenti comprendono la calcolosi delle vie urinarie, le infezioni ma anche i tumori. Di solito se il sangue si osseva all'inizio della minzione (ematuria iniziale) l'origine dell'ematuria è prostatica; se il sangue si osserva più' al termine della minzione (ematuria terminale) la ematuria ha più' frequentemente una origine vescicale mentre se le urine sono rosse dall'inizio alla fine della minzione si pensa ad una ematuria di origine alta, cioè ureterale o renale. Tipicamente il paziente che riferisce ematuria viene studiato con esami di laboratorio, citologia urinaria, ecografia apparato urinario o cistoscopia flessibile. Si deve sempre escludere la presenza di un tumore delle vie urinarie.
2. Ho visto sangue nello sperma: cosa devo fare?
La presenza di sangue nello sperma, definita emospermia, è quasi sempre indicativa di una infiammazione della prostata (prostatite). Tipicamente si presenta nell'uomo giovane, ma può manifestarsi anche dopo i 50 anni. E' un sintomo che è bene discutere sempre con il medico. La terapia classica è antibiotica, di solito con farmaci chinolonici oppure con cotrimoxazolo che devono essere somministrati a dose piena e per almeno 3-4 settimane. La emospermia può ripresentarsi nel tempo ed in questi casi può essere utile approfondire lo studio del paziente con la risonanza magnetica eseguita con bobina endorettale.
3. Ho fatto l'esame del PSA per un controllo di routine ed è risultato elevato: cosa devo fare?
Il PSA (antigene prostatico specifico) e' il principale marcatore per il tumore della prostata. Si ritiene oggi che ogni uomo a partire dai 40 anni di età debba eseguire il test del PSA una volta all'anno. La normalità è tipicamente dipendente dall’età del soggetto: sotto i 50 anni si considera normale un PSA inferiore a 1 ng/ml. Tra i 50 e 60 anni si considera normale un PSA inferiore a 2 ng/ml e dopo i 60 anni un PSA inferiore a 3 ng/ml..
Il PSA può alzarsi oltre a questi limiti per una infiammazione della prostata (prostatite), per un ingrossamento benigno (ipertrofia prostatica o adenoma prostatico) o per un tumore.
Se esiste un anche piccolo sospetto di tumore prostatico è necessario eseguire la biopsia prostatica, esame oggi del tutto indolore e che viene praticato in regime ambulatoriale.
E' a mio parere importante eseguire il PSA e farsi visitare una volta all'anno.
4. Ho letto che è importante eseguire l'esame del PSA per la prima volta in età giovanile - a 40 anni. Come mai?
L'interesse nel dosare il PSA prima dei 50 anni ed in particolare tra i 40 ed i 50 anni di età deriva dal fatto che quasi sempre in questa fascia di età la prostata non è ancora ingrossata e quindi il PSA rispecchia più fedelmente la salute dell ghiandola. Di recente sono stati resi noti i risultati di studio eseguito in Svezia che ha tenuto sotto stretto controllo medico 2000 soggetti maschi dall'età dei 40 anni fino agli 85. Si tratta di una ricerca iniziata alla fine degli anni 60 nella regione di Malmoe, nel Sud della penisola scandinava. In questo studio sono stati individuati coloro che hanno sviluppato un tumore della prostata che ha portato o alla insorgenza di metastasi a distanza o alla morte del paziente. Sono stati quindi recuperati i prelievi di sangue eseguiti 40 anni prima circa in questi soggetti e si è calcolato il PSA. In questo campione di uomini si è visto quindi che se il primo PSA eseguito in età inferiore ai 50 anni risulta essere inferiore a 1 ng/ml il rischio di sviluppare un brutto cancro della prostata sia veramente infinitesimale. Con il progressivo aumento del valore del PSA si osserva un progressivo aumento di rischio di sviluppare un cancro prostatico serio. Sempre lo studio svedese suggerisce che nei soggetti con età inferiore ai 50 anni, un valore di PSA di 2 ng/ml o superiore detta la necessità di tenere il paziente sotto controllo annuale.
5. Quali sono i pazienti a rischio per sviluppare un tumore prostatico?
I pazienti con familiarità positiva devono essere seguiti con attenzione e secondo qualsiasi linea guida internazionale devono eseguire un PSA ed una visita urologica con esplorazione rettale ogni anno a partire dai 40 anni di età. I soggetti senza familiarità ma con PSA elevato sono per definizione a rischio. Oggi può aiutare anche la esecuzione del PCA3, un nuovo test che si esegue nelle urine del paziente dopo massaggio prostatico. É importante rivolgersi allo specialista preparato che sappia valutare con attenzione il paziente e consigliare al meglio come comportarsi.
6. Sento contestare l’utilità del PSA in quanto spesso identifica un tumore prostatico destinato a non creare nessun danno al paziente e che quindi era meglio lasciare li dov'era.
Il problema non si risolve suggerendo di non fare il PSA. La verità che io ho imparato nella mia pratica clinica, vedendo in ambulatorio ogni giorno tanti pazienti con malattie prostatiche, è che chi muore oggi per tumore della prostata quasi sempre ha avuto una diagnosi fatta tardi. Molti di questi pazienti mi chiedono: "perché nessuno mi ha detto di fare il PSA prima? Avrei potuto curarmi in tempo!". Questi dialoghi sono spesso strazianti.
É vero che il PSA non è in grado da solo di segnalarci i cancri più' brutti, quelli cioè che necessitano di essere aggrediti immediatamente. Il PSA segnala anche la presenza di tumori molto piccoli che, ad esempio nei pazienti anziani che hanno di per sè una aspettativa di vita non lunghissima, possono essere solamente sorvegliati senza fare nessuna cura. Sottolineo ancora la necessità di rivolgersi allo specialista competente il quale dovrà valutare: aggressività del tumore, età e condizioni fisiche generali del paziente. Sulla base di questi parametri si devono valutare le possibili opzioni terapeutiche: sorveglianza attiva, radioterapia, chirurgia robotica, terapia medica
7. In cosa consiste la biopsia prostatica?
La biopsia prostatica consiste nell'eseguire una serie di microprelievi di tessuto dalla prostata stessa per escludere la presenza di un tumore. Si esegue sempre sotto guida ecografica transrettale e con l'utilizzo di anestesia locale che rende la procedura indolore.
E' importante che vengano eseguiti almeno 14 prelievi prostatici per essere certi di ottenere un "mappaggio" completo della prostata. Il numero dei prelievi dipende anche dal volume prostatico: più' grande e' la prostata maggiore il numero dei prelievi. Nella mia esperienza personale i pazienti eseguono dai 14 ai 24 prelievi, a seconda dei casi. E' importante eseguire una profilassi antibiotica che viene proseguita per circa una settimana. La procedura è quasi sempre eseguita in regime ambulatoriale salvo eccezioni come per i pazienti che utilizzano terapia anti-coagulante e per coloro che necessitano di eseguire la biopsia in narcosi. In questi ultimi casi i pazienti rimangono in ospedale per un giorno.
8. In cosa consiste il PCA3, il nuovo esame che evita le biopsie prostatiche?
Il PCA3 è un esame delle urine che viene eseguito subito dopo che lo specialista urologo abbia effettuato un massaggio prostatico durante una esplorazione rettale. L'esame ricerca un particolare gene associato al tumore della prostata. Questo nuovo test non è un sostituto del PSA e non deve essere usato in tutti i pazienti. Ad oggi è dimostrato che questo esame serva in particolare nei pazienti che per un sospetto tumore della prostata abbiano già eseguito una o più' biopsie che siano però risultate normali. Se il paziente continua a mostrare elementi sospetti per la presenza di tumore, prima di eseguire ancora una biopsia può essere utile dosare il PCA3. Se questo risultasse completamente normale, lo specialista urologo potrebbe suggerire di soprassedere alle biopsie.
9. Ho una prostata ingrossata e senza segni di tumore: devo necessariamente toglierla?
Così ragionavano gli urologi 30 anni fa ma oggi fortunatamente questo non succede più. Una prostata ingrossata presenta una indicazione chirurgica nel paziente che lamenti disturbi urinai ostruttivi e nel quale test specialistici ad hoc dimostrino in modo certo che l'ingrossamento prostatico provochi uno sforzo eccessivo da parte del muscolo vescicale al momento della minzione.
I disturbi più' classici sono la riduzione della forza del getto urinario, la necessità di urinare in più' tempi, lo sgocciolamento al termine della minzione e la incapacità di svuotare completamente la vescica al termine della minzione. Si tenga conto però che abbastanza spesso il paziente non lamenta grandi disturbi pur in presenza di una grande prostata ostruente. L'urologo esperto può in questi casi chiarire la reale condizione clinica del paziente con alcuni esami strumentali, in primis ecografia ed esame urodinamico completo.
10. Sento parlare di laser per la prostata: in cosa consiste?
Il paziente con un ingrossamento benigno della prostata che determina una ostruzione urinaria che non risponde alla terapia medica può avere una indicazione ad eseguire una terapia chirurgica con laser.
Ad oggi sono disponibili due tecniche : laser a luce verde e laser ad holmio. Entrambe le procedure vengono eseguite con una piccola anestesia loco regionale e senza fare tagli sull'addome ma per via trans-uretrale. Il laser a luce verde riduce le dimensioni della prostata vaporizzando il tessuto. Quasi mai con questa tecnica è possibile rimuovere completamente la parte interna della prostata che causa la ostruzione. Può capitare quindi che il laser verde, soprattutto se utilizzato in prostate grosse e da mani non esperte, risolva il problema solo per 1-2 anni e che dopo il paziente sia obbligato a ricorrere di nuovo alla chirurgia. Un secondo limite è che non viene eseguito un esame istologico del tessuto prostatico perché questo viene vaporizzato e quindi non è analizzabile.
L'intervento con laser ad holmio detto HoLEP (Holmium Laser Enucleation of the Prostate) è a mio parere la soluzione ideale in quanto consente di rimuovere completamente la parte di prostata ostruente (adenoma prostatico) e questo azzera il rischio che l'intervento debba essere ripetuto nel tempo. La prostata rimossa viene esaminata inoltre all'esame istologico e questo permette di identificare eventuali casi di tumore prostatico nascosto.
Tipicamente i pazienti candidati ad eseguire l'intervento di HoLEP entrano in ospedale al mattino a digiuno avendo già eseguito ambulatoriamente gli esami di prepwarazione all'intervento, vengono operati in mattinata e tengono un catetere vescicale, che non causa nessun fastidio, per 24 ore. La mattina successiva viene rimosso il catetere vescicale e dopo circa tre ore, avendo controllato la ripresa della minzione, il paziente può lasciare l'ospedale