PROSTATITE

La prostatite è un’infiammazione della ghiandola prostatica. Nella maggior parte dei casi è dovuta ad una infezione batterica, e può essere di insorgenza acuta, o avere un andamento cronico nel tempo. Secondo la più recente classificazione, possiamo distinguere 4 categorie di prostatiti:

  • Categoria I: prostatite acuta batterica
  • Categoria II: prostatite cronica batterica
  • Categoria III: prostatite cronica abatterica, o sindrome cronica da dolore pelvico (CPPS)
  • Categoria IV: prostatite asintomatica

Epidemiologia

Si stima che il 50% degli uomini soffrano di prostatite almeno una volta nel corso della loro vita. La prevalenza globale è attorno al 5-14%. La fascia di età dai 20 ai 40 anni è associata al rischio maggiore di sviluppare prostatite.

Sintomi e segni

La sintomatologia varia tra prostatite acuta e quella cronica

 

 

PROSTATITE ACUTA

Si presenta con comparsa improvvisa di febbre, dolore nella regione perineale (tra lo scroto e l’ano), sovrapubica e alla schiena. Sono inoltre presenti sintomi urinari irritativi, come aumento della frequenza urinaria (specialmente la notte), bruciore al momento della minzione, senso di urgenza minzionale, ed anche sintomi urinari ostruttivi, come difficoltà a urinare, sgocciolamento, un getto di urina ridotto, frequenti minzioni di poco volume con incapacità a svuotare del tutto la vescica, e ritenzione urinaria.Durante l’esplorazione rettale condotta dal medico, la digitopressione della ghiandola prostatica può suscitare un forte dolore

 

 

PROSTATITE CRONICA

 

Una prostatite si definisce cronica quando i sintomi perdurano un periodo di tempo tipicamente maggiore ai 3 mesi. I pazienti con prostatite cronica non presentano normalmente febbre. Il dolore e i sintomi urinari sono uguali a quelli della prostatite acuta, tranne per il fatto che si ripresentano nel tempo.

 

Diagnosi

La maggior parte delle prostatiti batteriche, sia acute che croniche, sono associate a infezione delle vie urinarie, in particolare a cistiti. Il patogeno responsabile di circa l’80% delle prostatiti è l’Escherichia coli. Altri batteri meno frequentemente coinvolti sono Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella, Proteus, Serratia, e Enterobacter aerogenes. La prostatite viene quindi diagnosticata in base alla presentazione clinica del paziente, dall’esame obiettivo, e con l’ausilio dell’ esame delle urine, dell’urinocoltura e la raccolta delle urine dopo massaggio prostatico.

 

Questi esami sono di norma sufficienti, e il quadro clinico può essere ulteriormente completato da un uroflussometria , dallo studio del residuo urinario post-minzionale e da una eventuale ecografia trans-rettale.

 

Terapia

La terapia antibiotica è la terapia di scelta per la prostatite batterica acuta. Gli antibiotici più usati nel trattamento della prostatite batterica sono i fluorochinolonici ed il cotrimossazolo. La terapia antibiotica viene di norma proseguita per 3-4 settimane. In caso di ritenzione urinaria, si può ricorrere all’evacuazione delle urine tramite cateterismi eseguiti al bisogno (è bene evitare di lasciare il catetere in sede) o posizionamento di catetere cistostomico sovrapubico.

Nel caso di prostatite cronica, se di natura batterica, si procede con una terapia antibiotica di maggiore durata, minimo 6-8 settimane. L’uso di antibiotici può anche essere impiegato in caso di prostatite cronica abatterica, essendo in grado di produrre un lieve calo della sintomatologia specialmente nei casi di recente diagnosi.
Il trattamento antibiotico può essere affiancato dall’uso di altre classi di farmaci, soprattutto se la prostatite è cronica. Questi farmaci servono a ridurre il dolore (anti-infiammatori, benzodiazepine) e a ridurre la sintomatologia urinaria (alfa-litici e fitoterapici).

IPERTROFIA PROSTATICA

L’ipertrofia prostatica è definita dalla crescita non tumorale (benigna) del tessuto prostatico. In particolare, la zona della ghiandola prostatica soggetta ad una crescita maggiore è la zona che circonda l’uretra, potendo creare nel tempo problemi all’atto della minzione.

Incidenza
Il processo di crescita prostatica inizia dalla pubertà, per effetto di squilibri ormonali e dell’azione di numerosi fattori di crescita. Si stima che circa il 60% degli uomini oltre il 60 anni soffra di ipertrofia prostatica benigna (IPB). Sebbene l’IPB non causi necessariamente disturbi urinari, si calcola che circa il 30% degli uomini oltre i 65 anni soffre di sintomi urinari severi legati all’ipertrofia prostatica, che riducono notevolmente la qualità della vita.

Segni e sintomi
Tipicamente il paziente riferisce un aumento della frequenza delle minzioni, soprattutto di notte, dovendosi svegliare diverse volte. Altri sintomi comuni sono uno stimolo urgente a urinare, difficoltà a iniziare a urinare, un flusso di urina debole e che può interrompersi, uno sgocciolamento e una sensazione che la vescica non si sia vuotata completamente dopo aver completato la minzione. In alcuni casi si può arrivare anche alla ritenzione urinaria completa (cioè non riuscire in alcun modo ad urinare) dovuta ad una completa ostruzione dell’uretra da parte della prostata ipertrofica.
Esistono dei questionari, validati da enti internazionali, come il questionario IPSS (International Prostate Symptom Score) i quali, grazie a poche domande a cui il paziente deve rispondere in modo autonomo sono in grado di quantificare numericamente la gravità dei sintomi.

Diagnosi
La presenza di una prostata ingrossata viene sospettata dai sintomi con cui si presenta il paziente. Un esame clinico accurato, comprendente anche l’esplorazione rettale, è in grado di orientare il medico sulla diagnosi di IPB e di escludere altre patologie in grado di dare una sintomatologia sovrapponibile. Ulteriori esami possono essere condotti per valutare le dimensioni della ghiandola prostatica, la gravità dei sintomi e l’evoluzione della malattia.
L’esame delle urine viene richiesto per escludere infezioni delle vie urinarie, in grado di dare alcuni sintomi della IPB, nonché possibile complicanza della IPB stessa.
Inoltre viene di solito richiesto il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico), importante marcatore del tumore della prostata. L’uroflussometria, il volume residuo post-minzionale e lo studio urodinamico pressione-flusso servono per valutare il flusso dell’urina e le conseguenze sul funzionamento vescicale dovute dall’ostruzione al flusso urinario causata dall’ingrossamento della prostata.

Terapia
Lo scopo della terapia è di migliorare i sintomi, evitare la loro progressione ed evitare le complicanze a lungo termine (es: ritenzione urinaria, insufficienza renale).
Le opzioni terapeutiche variano dalla vigile attesa, a modifiche dello stile di vita, da trattamenti farmacologici a interventi chirurgici. Il tipo di trattamento viene deciso con il paziente in base a quanto i sintomi influenzano la sua qualità di vita e le attività della vita quotidiana, e al rapporto rischio/beneficio.
Le terapie farmacologiche sono le più sicure ma anche quelle che impattano in modo minore sull’entità della sintomatologia. Esistono diversi tipi di farmaci efficaci a livello prostatico: gli a-litici (alfuzosina, silodosina, tamsulosina), gli inibitori della 5a-reduttasi (dutasteride, finasteride) ed anche fitoterapici (Serenoa Repens). La terapia farmacologica può essere sufficiente a curare i sintomi di alcuni pazienti, ma altri pazienti avranno bisogno dell’intervento chirurgico.
Le opzioni chirurgiche per l’IPB sono svariate. Si passa da interventi endoscopici, come la TURP (Resezione endoscopica Trans-Uretrale della Prostata) ad interventi di cielo aperto, come l’ATV (Adenectomia prostatica Trans-Vescicale). Normalmente la TURP viene eseguita per prostate di basso volume, riservando la ATV per prostate più grosse. Da qualche anno però esiste una variante della TURP, in cui le incisioni a livello della prostata vengono eseguite con uno speciale laser all’holmio. Questo intervento innovativo, chiamato HoLEP (Enucleazione Della Prostata con Laser a Holmio) permette di operare per via endoscopica anche le prostate con adenomi voluminosi, essendo in grado di ridurre il rischio di sanguinamenti e complicanze post-operatorie.

TUMORE DELLA PROSTATA

Epidemiologia
La neoplasia prostatica è attualmente la neoplasia solida più frequente nell’uomo. Il fattore primario di rischio è l'età. Il tumore della prostata è raro negli uomini al di sotto dei 40 anni, ma diventa più comune con l'avanzare dell'età (l’età media al momento della diagnosi è di 65 anni). Altri fattori rivestono un ruolo importante nell’insorgenza di questa patologia come la familiarità, la dieta occidentale, la razza e lo stile di vita.

Diagnosi
La diagnosi di neoplasia prostatica è più frequentemente incidentale, essendo tale patologia asintomatica nella maggior parte dei casi. Per tale motivo è consigliabile sottoporsi dopo i 40 anni ad una esplorazione rettale (procedura minimamente invasiva che consente di valutare le dimensioni, la forma e la consistenza della prostata) e ad un esame ematochimico volto a valutare il PSA, l’Antigene Prostatico Specifico. Dopo i 50 anni di età livelli di PSA sotto 2 ng/mL (nanogrammi per millilitro) sono generalmente considerati normali, mentre livelli sopra i 2 ng/mL meritano attenzione. Prima dei 50 anni di età però il livello soglia del PSA è 1 ng/ml. Tuttavia i livelli ematici di PSA possono variare per molteplici ragioni diverse dal tumore (principalmente ipertrofia prostatica benigna e prostatiti). Per tale ragione, di fronte ad un valore di PSA elevato è necessario sottoporsi ad esami diagnostici più invasivi, il principale dei quali è la biopsia prostatica trans-rettale sotto guida ecografica. Con essa si ottengono campioni di tessuto dalla prostata tramite i quali è possibile determinare la presenza di cellule tumorali all’interno della ghiandola.

Trattamento
Una volta diagnosticata una neoplasia della prostata i trattamenti disponibili attualmente sono molteplici: la sorveglianza attiva, la terapia focale, la chirurgia robotica, la radioterapia, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale, o una combinazione di queste. Attualmente il trattamento più frequentemente utilizzato è l’intervento chirurgico robotico che consiste nell’asportazione completa della ghiandola prostatica, delle vescicole seminali ed eventualmente dei linfonodi loco-regionali. L’intervento, nella maggioranza dei casi, è curativo in presenza di malattia localizzata e le sequele come l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile sono oggi molto rare. L’eiaculazione viene perduta in ogni caso. Tuttavia, grazie alla tecnica nerve-sparing che preserva i nervi deputati all’erezione, la maggior parte dei pazienti sottoposta a tale intervento recupera rapidamente sia la continenza urinaria sia la propria funzione erettile.

Follow-up
Dopo il trattamento è necessario comunque effettuare controlli periodici del PSA al fine di identificare eventuali riprese di malattia. In caso di rialzo del PSA post-trattamento esistono diversi tipi di approccio terapeutico, come una radioterapia locale, un trattamento ormonale o una combinazione tra essi.

Prognosi
La prognosi dei pazienti affetti da neoplasia prostatica è in continuo miglioramento negli ultimi anni, sia da un punto di vista oncologico che funzionale. Gli indicatori prognostici più importanti sono lo stadio di malattia, i livelli pre-terapia di PSA e l’indice di Gleason. Sono attualmente disponibili alcuni algoritmi ,detti nomogrammi, volti a predire la prognosi di malattia. Tali strumenti sono attualmente utilizzati sia per stabilire l’approccio terapeutico individuale migliore che per effettuare una stima dell’aggressività della malattia.