CALCOLOSI

Epidemiologia e patogenesi

La calcolosi delle vie urinarie è una patologia comune caratterizzata dalla presenza di aggregati solidi di varia forma e struttura che si depositano all'interno del rene, delle vie urinarie o della vescica. Tale patologia è più frequente tra i 50 e i 60 anni, anche se può insorgere a qualsiasi età e colpisce maggiormente il sesso maschile. Durante la propria vita, circa un uomo su dieci avrà problemi di calcolosi delle vie urinarie. Sebbene nella sua patogenesi sembrano essere coinvolti diversi disturbi metabolici, alterazioni del pH e degli elettroliti urinari, nella maggior parte dei casi non si riesce a distinguere una vera e propria causa.

Diagnosi
Il sintomo d’esordio è prevalentemente un dolore al fianco e/o a livello lombare di tipo colico, che può essere anche molto intenso ed accompagnarsi a nausea, vomito, febbre, dolore alla minzione e ,a volte, presenza di sangue nelle urine. La maggior parte delle volte la colica inizia la notte od al primo mattino, svegliando il paziente che avverte improvvisamente un dolore acuto in sede lombare tipicamente a poussè (cioè che va e che viene) e che raggiunge il suo massimo rapidamente ma che altrettanto rapidamente può scomparire. La diagnosi, al di là della sintomatologia, può essere posta tramite una ecografia dell’addome che può identificare la presenza del calcolo. Utili sono anche gli esami ematochimici e delle urine che possono evidenziare la presenza di sofferenza renale o la presenza di eventuali scompensi metabolici associati.

Trattamento
I trattamenti disponibili sono molteplici e dipendono dal tipo di calcolo e dalla condizione clinica del paziente. Calcoli di dimensioni inferiori ai 5-6 mm possono essere espulsi spontaneamente. Tale processo può essere facilitato da una abbondante idratazione (non durante la sintomatologia colica), una terapia antalgica ed una terapia α- litica, volta a dilatare principalmente il collo della vescica e quindi ad espellere il calcolo all’esterno. Può essere necessaria l’associazione di un antibiotico in presenza di sintomi sistemici. In presenza di calcoli di maggiori dimensioni gli approcci terapeutici sono molteplici: il trattamento meno invasivo è certamente la ESWL (litotrissia extracorporea ad onde d'urto) che consente di frammentare il calcolo tramite onde d’urto e favorirne l’eliminazione tramite la minzione. In caso di calcolosi più severa può essere necessario un trattamento chirurgico che può essere endoscopico (in caso di calcoli di medie dimensioni incuneati nell’uretere) per frammentare il calcolo sotto visione diretta con l’utilizzo del laser oppure percutaneo.

 

Follow-up
La calcolosi delle vie urinarie è una patologia che può recidivare. Per ridurre l’incidenza delle recidive è consigliabile una abbondante idratazione (che diminuisce la formazione di depositi nelle vie urinarie e ne favorisce la eventuale eliminazione). In caso di recidiva della patologia può essere utile una visita nefrologica/dietologica per valutare eventuali disturbi metabolici favorenti la formazione di calcoli delle vie urinarie

 

 

INFEZIONE DELLE VIE URINARIE

 

Definizione

Per Infezioni delle Vie Urinarie (IVU) si intende un ampio spettro di condizioni, dalla semplice presenza asintomatica di batteri nelle

urine, alla infezione della vescica (cistite), alla infezione renale complicata da sepsi.

Il batterio responsabile della maggior parte delle IVU (70-95%) è l’Escherichia coli, e lo Staphylococcus saprofyticus è responsabile del restante 5-10%. Occasionalmente altri batteri intestinali possono causare infezione.

 

Le IVU si distinguono in non complicate e complicate. Le IVU non complicate colpiscono individui con un tratto urinario normale, sia dal punto di vista morfologico che funzionale. Colpiscono soprattutto le donne e si risolvono dopo una breve terapia antibiotica.

 

Le IVU complicate invece insorgono su un tratto urinario alterato dal punto di vista anatomico o funzionale (per es. mancato svuotamento della vescica dovuto a ostruzione o a danno al midollo spinale, etc.). Altri fattori di rischio per le IVU complicate sono il diabete, l’immunosoppressione, la cateterizzazione prolungata, le infezioni acquisite in ambiente ospedaliero e recenti interventi sulle vie urinarie. La maggior parte delle IVU negli uomini sono complicate. Le IVU complicate necessitano di un trattamento antibiotico prolungato, e se la patologia o anomalia di base non è curata, tendono a recidivare in giorni, settimane o mesi.

 

Inoltre, le IVU possono essere: isolate, quando tra una infezione un'altra intercorre un periodo minimo di 6 mesi; ricorrenti, quando si hanno più di 2 infezioni in 6 mesi o 3 infezioni in un anno; non risolte, quando la terapia è inadeguata e sono causate da reinfezione immediata, o da resistenza del batterio all’antibiotico, o dall’infezione da un altro ceppo batterico.

 

Epidemiologia

Si stima che le IVU siano le infezioni batteriche più comuni. Le IVU e le cistiti sono più diffuse nelle donne rispetto agli uomini, eccetto nel periodo neonatale, in cui entrambi in sessi ne sono affetti in ugual misura. La prevalenza nelle giovani donne è 30 volte maggiore che negli uomini. Le IVU sono ricorrenti in circa il 70% dei casi. Circa l’11% delle donne lamentano un episodio di cistite all’anno, e circa 5% delle donne soffrono di cistiti ricorrenti. Questi dati sono tuttavia delle sottostime, in quanto si pensa che circa il 50% delle IVU non arrivi all’attenzione medica. Oltre i 65 anni di età, l’incidenza delle IVU tende ad aumentare in modo uguale in entrambi i sessi, sia per problematiche funzionali (incontinenza, cateterizzazione, etc.) che anatomiche (prolasso vescicale nelle donne, ipertrofia prostatica negli uomini, etc.) e per motivi legati a interventi chirurgici sulle vie urinarie.

 

Sintomi e segni

La cisitite si presenta con sintomi vescicale di tipo irritativo, come disuria, ovvero una sensazione di bruciore al momento della minzione, un aumento della frequenza delle minzioni, e un senso di urgenza. Altri sintomi comuni sono dolore alla schiena e in zona pubica, tracce di sangue nelle urine, e urina torbida e con cattivo odore. Quando l’infezione interessa i reni, quindi in caso di pielonefrite, avremo in aggiunta agli altri sintomi, dolore nella regione lombare. Raramente è accompagnata da febbre e astenia. È importante ricordare che in caso di pielonefrite, c’è un rischio del 20-30% che l’infezione da locale diventi sistemica, ovvero diventi una sepsi.

 

Inoltre, la presenza di batteri nelle urine, ovvero la batteriuria, può essere asintomatica, specialmente nelle giovani donne.

 

Diagnosi

La diagnosi di IVU è in gran parte suggerita dalla sintomatologia del paziente. Per avere conferma della presenza di infezione, nonché per avere maggiori informazioni sul batterio stesso per una miglior terapia antibiotica, si ricorre all’analisi delle urine e all’urinocoltura. Occasionalmente si ricorre a studi di localizzazione per individuare l’origine dell’infezione. Gli studi radiografici sono raccomandati solo in età pediatrica, quando si sospetta una ostruzione, se l’infezione non si risolve con la terapia antibiotica o se sono presenti agenti patogeni non convenzionali (es. Mycobacterium tubercolosis, funghi, etc.).

 

Terapia

La terapia antibiotica ha ridotto la morbilità a la mortalità associate alle IVU. Lo scopo della terapia è di eradicare l’infezione, selezionando l’antibiotico adatto ad un determinato batterio, informazione che ci è fornita dall’urinocolutra associata all’antiobiogramma. Gli antibiotici più frequentemente usati sono la Fosfomicina (terapia di scelta per le cistiti semplici nella donna), il Trimetoprim-Sulfametoxazolo, i Fluorochinoloni e l’Amoxicillina. La durata del trattamento dipende dal tipo di IVU: le IVU non complicate sono trattate per 3-7 giorni; le non complicate per 10-21 giorni. Tuttavia la durata è molto variabile da caso a caso, in base a durata dei sintomi, condizioni associate, età, etc. Nel caso di infezioni delle vie urinarie recidivanti, tipicamente nel sesso femminile, è sempre bene cercare di interrompere l’uso degli antibiotici utilizzando sostanze con effetto antibatterico naturale come la Vitamina C, il mirtillo ed i fermenti lattici.

SINDROME DEL GIUNTO PILEO-URETERALE

Epidemiologia
La sindrome del giunto pielo-ureterale è un insieme di anomalie che determinano un restringimento nel punto di connessione tra il bacinetto renale e il giunto pielo-ureterale, ostacolando il normale deflusso dell’urina dalla pelvi renale all’uretere. L’urina si accumula di conseguenza nel bacinetto, provocandone la dilatazione. Ciò può comportare diverse conseguenze che vanno dalle infezioni fino all’insufficienza renale. Sebbene nella maggior parte dei casi si tratti di una condizione congenita, la patologia può manifestarsi più avanti negli anni. Le cause possono essere intrinseche o estrinseche. Nel primo caso, si parla di sindrome da stenosi del giunto pielo-ureterale. Nel secondo caso, il giunto pielo-ureterale è compresso dall’esterno (ad es. da vasi sanguigni anomali). I sintomi sono variabili e comprendono infezioni delle vie urinarie, dolori addominali, ematuria (sangue nelle urine) in seguito a lieve trauma in particolare al fianco, nausea cronica a volte associata a vomito ed eventualmente ipertensione arteriosa (in caso di perdita importante della funzionalità renale). Nel caso di bambini o neonati che sviluppino tale sindrome si ha frequente riscontro di ritardo della crescita e scarso appetito.

Diagnosi
Grazie all’ecografia prenatale si può diagnosticare fin da subito un’eventuale sindrome del giunto pielo-ureterale. Anche nel giovane e nell’adulto una ecografia dell’apparato urinario è sempre la diagnostica di prima linea. Di fronte al riscontro di una dilatazione del bacinetto renale vengono generalmente richiesti uno o più dei seguenti accertamenti diagnostici volti a valutare l’entità del problema:

  • Urografia endovenosa: Tale esame fornisce uno studio anatomico e funzionale dei reni e delle vie urinarie;
  • Scintigrafia renale: permette uno studio al computer della funzionalità renale e una valutazione della possibile presenza di ostruzione al deflusso dell’urina;
  • Cistografia minzionale o la cistoscintigrafia diretta: prevedono il posizionamento di un catetere vescicale, il riempimento della vescica con un mezzo di contrasto o un mezzo radiomarcato e l’acquisizione di alcune immagini durante il riempimento della vescica.

Costituisce l’esame principale per verificare l’eventuale presenza di un reflusso vescico-ureterale associato.

Trattamento
Il trattamento della sindrome del giunto pielo-ureterale prevede diverse opportunità, endoscopiche o chirurgiche classiche, ma la più utilizzata e praticata è certamente la plastica del giunto pielo-ureterale. Si tratta di un intervento chirurgico eseguibile sia in laparoscopia che a cielo aperto durante il quale il bacinetto renale e l’uretere vengono rimodellati per asportare il segmento stenotico e permettere il passaggio dell’urina. Tale tecnica è risolutiva in più del 95% dei casi, senza necessità di alcun trattamento aggiuntivo.

STENOSI DELL'URETRA

Definizione
Per stenosi dell’uretra si intende una riduzione del calibro dell’uretra dovuta a un processo di cicatrizzazione. Questo fenomeno può interessare l’uretra a qualsiasi livello. Nell’uomo, le cause di stenosi variano se consideriamo l’uretra anteriore, ovvero la porzione dell’uretra tra il meato uretrale esterno e lo sfintere uretrale esterno, e l’uretra posteriore, tra lo sfintere uretrale esterno e il collo vescicale.
Nel caso dell’uretra anteriore, le cause principali di cicatrizzazione possono essere infiammazione o traumi. L’infiammazione può essere dovuta sia a malattie trasmesse sessualmente, come l’uretrite da gonococco, sia da infezione associata a uso prolungato di cateteri, oppure da malattie dermatologiche, come la balanite xerotica obliterans. I traumi che coinvolgono l’uretra anteriore invece possono essere causati o da traumi da caduta (es: cadere sul canotto della bicicletta o su una ringhiera, colpendo l’area tra lo scroto e l’ano) o da procedure mediche (es: cateterizzazione, TURP, cistoscopia).
I traumi all’uretra posteriore possono essere dovuti a fratture pelviche o a procedure chirurgiche (es: prostatectomia radicale, TURP, etc.). In questo caso sono più frequenti lesioni da distrazione, in cui l’uretra posteriore è stirata, e il processo di cicatrizzazione si conclude in un restringimento del lume uretrale.

Epidemiologia
È una patologia frequente nell’uomo e rarissima nella donna.

Sintomi e segni
Il disturbo più frequente è una riduzione del flusso urinario. Spesso i pazienti lamentano anche uno sdoppiamento del flusso, come nel caso dello sgocciolamento al termine dello svuotamento. Si può avere anche un quadro di ritenzione urinaria.
Secrezioni dall’uretra, bruciore alla minzione, e dolore inguinale e suprapubico sono associati a infezioni delle vie urinarie, quali cistiti e prostatiti, spesso complicanza della stenosi uretrale.

Diagnosi
Per avere conferma di una stenosi dell’uretra, sospettata clinicamente, si prescrive un esame uroflussometrico, che documenta la riduzione del flusso. Invece, per indagare la sede e l’estensione della stenosi, informazioni necessarie per decidere il trattamento migliore, si utilizza l’uretrocistografia retrograda o anterograda. Si può anche visualizzare la stenosi direttamente mediante un uretroscopio flessibile, a patto che la stenosi non sia tale da non permettere il passaggio dello strumento.

Terapia
La terapia può essere endoscopica tramite un intervento di uretrotomia. Tipicamente al momento della prima diagnosi di stenosi dell’uretra un approccio endoscopico viene sempre considerato poiché è minimamente invasivo e può avere un successo definitivo nel 50% dei casi. Tale procedura consiste nell’incisione del tratto stenotico tramite una lama o un laser sotto visione diretta da parte del chirurgo.
Se l’uretrotomia fallisce, si procede con un intervento chirurgico di rimozione e ricostruzione del tratto stenotico.

INCONTINENZA

Definizione

L'incontinenza urinaria è definita come la perdita delle urine al di fuori dell’atto volontario della minzione e si può considerare, oltre che un sintomo, una vera e propria patologia che condiziona in maniera significativa la qualità di vita dei soggetti affetti. Si calcola che in tutto il mondo circa 200 milioni di persone ne soffrano.
I soggetti affetti da problemi di incontinenza sono principalmente donne dopo la prima gravidanza, anziani, soggetti sottoposti ad interventi di chirurgia addominale o pelvica, pazienti affetti da traumi uretrali, infezioni delle vie urinarie o patologie neurologiche congenite o acquisite e uomini soggetti ad ipertrofia prostatica. Alla base della manifestazione clinica dunque soggiace un danno organico causato da diverse circostanze.

L’incontinenza urinaria si può suddividere in:

  • Incontinenza da sforzo: perdita involontaria di piccole quantità di urina che si verifica sotto sforzo quando aumenta la pressione sulla vescica (nell’uomo causata soprattutto da chirurgia sulla prostata, in caso di lesione dei nervi o dei meccanismi sfinteriali uretrali. Nella donna dopo gravidanze con parto laborioso, l’obesità, effetti collaterali di alcuni farmaci con atrofia delle strutture tissutali di supporto).
  • Vescica iperattiva: causata da contrazioni involontarie del muscolo detrusore. Tali contrazioni generano una sensazione di urgenza alla minzione. La vescica iperattiva a sua volta si suddivide in: idiopatica (non se ne conoscono le cause); neurogena quando causata da disfunzioni del sistema nervoso provocate da traumi o malattie quali sclerosi multipla, Parkinson o spina bifida; incontinenza mista (sintomi tipici dell’incontinenza da stress e dell’incontinenza da urgenza); incontinenza da rigurgito si verifica quando la vescica si riempie oltre la sua capacità e non riesce a svuotarsi completamente (mancata sensazione di riempimento o presenza di ostacoli a livello dell’uretra che impediscono lo svuotamento completo della vescica provocandone il riempimento oltre i limiti fino al superamento della resistenza dello sfintere con perdita incontrollata dell’urina (adenoma della prostata, stenosi uretrale); enuresi notturna (perdita involontaria di urina durante il riposo notturno).

Diagnosi
La diagnosi si basa inizialmente su anamnesi ed esame obiettivo. In seconda battuta vanno eseguiti esami diagnostico strumentali quali:

  • Esame urine ed urinocoltura (per valutare eventuali infezioni delle vie urinarie)
  • Ecografia addominale (per valutare eventuale ristagno di urina in vescica o grossolane anomalie anatomiche)
  • Uretrocistoscopia (per valutare anomalie anatomiche)
  • Cistouretrografia retrograda minzionale (valutazione dell’uretra, riscontro di rigurgiti di urina dalla vescica agli ureteri)
  • Esame Urodinamico (per valutare il funzionamento della vescica e dell’uretra)
  • Uroflussometria (valutazione del flusso urinario)
  • Cistometria (valutazione della pressione vescicale in vari momenti del suo riempimento)
  • Studio pressione-flusso (registra le pressioni che si sviluppano all’interno della vescica durante la minzione)

Terapia
La terapia dell’incontinenza urinaria comprende l’utilizzo di:

  • Presidi sintomatologici (pannolini o condom per migliorare la qualità di vita)
  • Stile di vita ed esercizio fisico (cambiamenti della dieta, attività fisica adeguata e modifica di abitudini sbagliate)
  • Rieducazione pelvica (esercizi specifici con lo scopo di rinforzare la muscolatura del pavimento pelvico e lo sfintere urinario: esercizi di Kegel, biofeedback e stimolazione elettrica)
  • Terapia farmacologica varia a seconda della causa che ha dato origine all’incontinenza (antimuscarinici che appartengono alla classe degli anticolinergici, agonisti α/β-adrenergici)
  • Interventi chirurgici
  • Neuromodulazione sacrale (posizionamento di un piccolo stimolatore nervoso in corrispondenza di una radice nervosa)
  • Colposospensione retropubica
  • Posizionamento di Sling uretrali (TOT, per via trans otturatoria o TVT, per via trans vaginale)
  • Posizionamento di sfintere artificiale
  • Impianto di palloncini uretrali ad ambo i lati dell’uretra (e.g. ACT system)
  • Iniezioni parauretrali con Bulking Agent
  • Iniezione di tossina botulinica
  • Nei casi più gravi: cistoplastica di ampliamento (ampliamento della vescica con anse ileali) o derivazione esterna (urostomia) o interna delle urine

TUMORE DEL RENE

Epidemiologia
Il tumore del rene rappresenta il 2-3% circa di tutte le neoplasie, con una maggiore incidenza nei paesi sviluppati. È la più comune lesione solida a sviluppo renale e il sottotipo carcinoma a cellule renali comprende circa il 78% di tutte le patologie maligne renali. Ne esistono diversi tipi, ognuno con specifiche caratteristiche istopatologiche e genetiche. Vi è una predominanza degli uomini sulle donne con un rapporto 1.5 a 1 con un picco di incidenza tra i 60 ed i 70 anni di età. Costituiscono fattori di rischio il fumo, l’obesità, la terapia antipertensiva e la familiarità.

Diagnosi
L’utilizzo d’indagini diagnostiche ha consentito una più frequente e precoce diagnosi delle neoplasie renali (tumori di dimensioni minori). La classica triade di sintomi: dolore al fianco, macroematuria (sangue nelle urine) e massa addominale palpabile, è oggi molto rara. La maggior parte delle masse renali sono asintomatiche e non palpabili se non in stadio avanzato di malattia; ciò comporta che più del 50% di esse vengano scoperte casualmente (diagnosi incidentale) durante accertamenti per altre patologie. Nel 30% dei pazienti con malattia sintomatica è possibile riscontrare sindromi paraneoplastiche. Le più comuni sono rappresentate da: cachessia, ipertensione, perdita di peso, piressia, neuro miopatia, amiloidosi, policitemia, anemia, funzione epatica alterata, ipercalcemia. Una minima parte di pazienti infine presenta sintomi legati alle metastasi (dolori ossei o tosse persistente).
L’approccio tradizionale nella diagnosi delle neoplasie renali è legato all’uso dell’ecografia, TC o risonanza magnetica. L’ecografia è spesso utilizzata per una prima valutazione. Ha il vantaggio di non utilizzare radiazioni né mezzi di contrasto iodati, di avere un costo limitato e una ottima accessibilità. È utile per distinguere le lesioni cistiche da quelle solide o per monitorare la crescita e la struttura di una cisti. Tuttavia il suo potere diagnostico è basso per tumori di dimensioni inferiori ai 3 cm di diametro (67-79%) in considerazione delle caratteristiche morfologiche spesso indistinguibili dal tessuto sano.
La TC e la risonanza magnetica (che devono essere eseguite con e senza infusione di mezzo di contrasto) forniscono informazioni circa la forma e il funzionamento dei reni, l’estensione del tumore, la sua posizione, l’eventuale interessamento dei vasi renali, il coinvolgimento dei linfonodi e lo stato degli organi adiacenti.
La scintigrafia ossea è un’indagine diagnostica che fornisce informazioni circa l’eventuale coinvolgimento osseo (metastasi scheletriche) ed è indicata in pazienti con dolori ossei o per completare in particolari casi la stadiazione della malattia.

Trattamento
Il trattamento di scelta del tumore renale localizzato è l’intervento chirurgico che garantisce i migliori risultati in termini di radicalità oncologica. Oggi l’intervento è mirato a rimuovere solamente la parte ammalata del rene tutte le volte che questo sia tecnicamente possibile. La chirurgia robotica sta assumendo un ruolo sempre maggiore in questo ambito. Tuttavia anche il tumore renale avanzato o metastatico giova del trattamento chirurgico quando associato a un approccio multispecialistico: la rimozione del tumore principale (debulking), infatti, migliora la risposta al trattamento anti-angiogenetico.


Si definisce urotelio l’epitelio di transizione che viene a contatto con l’urina e riveste l’apparato urinario dai calici renali sino all’uretra.
La vescica è la sede più frequente delle neoplasie che originano dall’epitelio transizionale.
I tumori dell’epitelio transizionale possono essere presenti, inoltre nei seguenti distretti:

  • Nei calici renali
  • Negli ureteri
  • Nell’uretra

TUMORE DELLA VESCICA

La vescica è un organo cavo, localizzato nella pelvi ed è deputata alla raccolta dell’urina, proveniente dai reni, tramite gli ureteri (due organi pari e simmetrici che decorrono dalla pelvi renale sino al trigono vescicale). Il tumore della vescica è nella maggior parte dei casi (90%) un tumore “a cellule uroteliali”, (urotelio=epitelio che riveste le cavità escretrici - calici, pelvi renale, uretere e la vescica urinaria.) In rari casi il tumore vescicale può trattarsi di un adenocarcinoma o un carcinoma squamocellulare.
Trattandosi nella maggior parte dei casi di una malattia uroteliale, il tumore può essere localizzato anche a carico dell’alto apparato escretore. Il tumore della vescica, originando dalla mucosa, solitamente, crea una vegetazione all’interno del lume vescicale (e/o meno frequentemente, una lesione arrossata e piatta, poco visibile con la diagnostica non invasiva). Alcuni tumori si presentano come lesioni “superficiali”, limitate alla mucosa e/o alla lamina propria; altri possono presentare infiltrazione profonda, estesa sino alla tonaca muscolare. L’aggressività delle cellule tumorali vescicali è distinta, infine, in “alto o basso grado di aggressività”.

Epidemiologia
La neoplasia della vescica è il quarto tumore più frequente nell’uomo e la seconda neoplasia più frequente a carico dell’apparato urinario. È considerata l’ottava causa di morte per tumore. Al momento della diagnosi il 70% dei pazienti presenta una neoplasia non infiltrante gli strati profondi della vescica. Le principali cause dello sviluppo di un tumore vescicale sono:

• Fumo

Il fumo è il più importante fattore di rischio, responsabile del 60% circa dei casi. L’incidenza di tumore della vescica è direttamente correlata alla durata del fumo, al numero di sigarette fumate, all’età precoce di inizio e al fatto di essere stati esposti a fumo passivo durante l’infanzia.

• Esposizione professionale
Il secondo più importante fattore di rischio per questa neoplasia è rappresentato dall’esposizione a sostanze chimiche, soprattutto derivati del benzene ed amine aromatiche.

• Radioterapia pelvica
È stato registrato un aumento di incidenza di neoplasia secondaria della vescica in uomini o donne sottoposti a radioterapia pelvica per neoplasie ginecologiche e neoplasie della prostata.

• Fattori dietetici
L’incidenza di neoplasia vescicale è inferiore nei soggetti che consumano abbondanti quantità di frutta e verdura.

• Schistosomiasi urinaria
Infezione parassitaria presente in modo endemico in Africa, Asia, Sud America che risulta associata allo sviluppo di neoplasia della vescica di tipo squamoso.

• Chemioterapia
L’utilizzo di ciclofosfamide, un agente antineoplastico utilizzato nelle malattie linfoproliferative, è correlato allo sviluppo (con una latenza di 6-13 anni) di neoplasia della vescica.

Diagnosi
Il principale sintomo di presentazione è un episodio di macroematuria indolore (urine colorate di rosso per presenza di tracce di sangue) che è presente nell’85% dei pazienti. In alcuni soggetti può esserci l’insorgenza di sintomatologia urinaria irritativa (urgenza minzionale, bruciore associato alla minzione, necessità di mingere più frequentemente durante la giornata). Può essere presente, nei quadri più avanzati, dolore in zona pelvica.

Gli esami che vengono effettuati nel sospetto clinico di neoplasia vescicale sono:

  • Esame citologico su tre campioni di urina: utile soprattutto nel follow-up delle neoplasie ad alto grado.
  • Ecografia dell’apparato urinario utile per neoformazioni di diametro maggiore di 5 mm e per la diagnosi di idronefrosi a carico dell’alto apparato escretore.
  • Urografia: utile, soprattutto, nella diagnosi di difetti di riempimento (eventuali neoformazioni) a carico dell’alto apparato escretore.
  • URO-TC cmc e/o URO-RM cmc: grazie alla miglior definizione spaziale, sono maggiormente utilizzate rispetto all’urografia, sia per la diagnosi di eventuali localizzazioni di malattia a carico dell’alto apparato escretore, sia nella definizione dell’infiltrazione locale, a carico della vescica urinaria. Sono utilizzate, inoltre, nella stadiazione (ricerca di eventuali metastasi linfonodali e/o di organo) prima dell’intervento chirurgico di cistectomia radicale.
  • Cistoscopia ambulatoriale: esame cardine per la diagnosi di neoplasia della vescica. Facilmente effettuabile in ambulatorio, mediante uno strumento indolore e flessibile, consente una diagnosi rapida e definitiva di neoformazioni a carico della vescica urinaria e dell’uretra.


Trattamento
L’approccio terapeutico varia radicalmente in base all’infiltrazione neoplastica e, per tale motivo, si distingue sempre in tumore non muscolo invasivo e tumore muscolo invasivo.

  • Resezione endoscopica trans uretrale (con eventuale Hexvix®)
  • Chemioterapia endovescicale
  • Cistectomia radicale con derivazioni urinarie ortotopiche (e.g. neovescica) ed eterotopiche
  • Cistectomia radicale con ureterocutaneostomia
  • Ipertermia e chemioterapia (sistema Synergo®)
  • Fotocoagulazione laser
  • Mapping vescicale